Le laureate madri sono penalizzate ma posticipare la gravidanza o rinunciare non serve per avere più possibilità di carriera. Favoriti rimangono i colleghi maschi. A sorpresa, quelli con figli.
Una recente indagine del consorzio AlmaLaurea propone un approfondimento sulle differenze di genere nell’inserimento lavorativo dei laureati e un’analisi sulle laureate, il lavoro, e i figli.
I dati del Rapporto 2016 AlmaLaurea confermano che le donne laureate con figli, sebbene all’Università abbiamo brillanti performance formative, sul mercato del lavoro hanno minori chance occupazionali rispetto ai maschi, papà o meno, ma anche alle loro colleghe senza figli.
In generale le donne risultano essere penalizzate nel lavoro e nel guadagno, ad un anno dalla laurea specialistica biennale, le differenze fra uomini e donne in termini occupazionali risultano significative: quasi 15 punti percentuali tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione, considerando solo quanti non lavoravano alla laurea, è pari al 41,5% tra gli uomini, contro il 27% delle laureate), mentre scende di circa 10 punti percentuali, sempre a favore degli uomini, tra quanti non hanno prole (tasso di occupazione pari al 50,5% contro il 41%, rispettivamente).
A cinque anni dalla laurea, si conferma il differenziale: 28 punti percentuali tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione è pari all’85% tra gli uomini, contro il 57% delle laureate), mentre scende fino a 9 punti, sempre a favore degli uomini, tra quanti non hanno prole (tasso di occupazione pari al 81% contro il 72%, rispettivamente). Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a un anno dal titolo lavora il 41% delle laureate senza prole e il 27% di quelle con figli (un differenziale di 14 punti percentuali). A cinque anni il divario permane (15 punti percentuali): lavora il 72% delle laureate senza prole e il 57% di quelle con figli.
Laureate, lavoro e figli: le madri lavorano meno e fanno un lavoro “inadeguato. A un lustro dal titolo il lavoro stabile è una prerogativa tutta maschile: può contare su un posto sicuro, infatti, il 78% degli occupati e il 67% delle occupate. In particolare, ha un contratto a tempo indeterminato il 48% delle donne rispetto al 58% degli uomini. L’Analisi riguarda le laureate del 2015, intervistate a uno e cinque anni dal conseguimento del titolo, quindi dal 2010 al 2015. Cosa avviene in questi quattro anni?
Qualche dato in più: rinvio della decisione di avere figli? Ne è valsa la pena? Non proprio. Nel confronto fra generi, emerge che per le donne la rinuncia alla maternità non è sufficiente per tenere il passo dei loro colleghi: dal 2010 al 2015 i laureati con maggiore responsabilità lavorativa sono oltre il 50% (tra gli uomini senza figli) contro circa il 40% delle donne senza figli. Non solo. La categoria “vincente” risulta essere quella dei laureati maschi con figli: guadagnano più di tutti (a cinque anni dalla laurea vedono aumentare il loro stipendio di oltre il 40%) e ritengono in misura maggiore che il guadagno sia adeguato alla posizione lavorativa ricoperta.