Grazie al lavoro di cooperazione condotto dalla procura di Palermo e dalla Squadra mobile, sono 5 gli arrestati, tra Palermo e Castelvetrano, con l’accusa di caporalato ai danni di lavoratrici immigrate di origine nigeriana.
A quanto è emerso dal quadro di indagine, le donne venivano sfruttate presso i centri di accoglienza. Trattasi di ben tre rappresentanti delle società consorziate e di due responsabili di centri di accoglienza del capoluogo siciliano, che esercitavano truffa ed estorsione. Nello specifico, le donne, dapprima individuate all’interno dei suddetti centri di accoglienza, vennero destinate a svolgere mansioni di governanti e addette alle pulizie, presso alcuni esercizi ricettivi del palermitano, cui i capi facevano parte di un’unica illecita struttura denominata “Diadema”.
In questo contesto criminale, le nigeriane erano ridotte come delle vere e proprie schiave di ottocentesca memoria, costrette a lavorare sotto ricatto fino alle 12 ore al giorno consecutive, per improponibili 400 euro al mese: i delinquenti arrestati, infatti, in caso di denuncia, avrebbero minacciato il licenziamento o di far loro perdere alle immigrate lo status di rifugiate nei centri di accoglienza.
La società consorziale stipulava falsi contratti di lavoro part-time, dichiarando orari lavorativi nettamente inferiori rispetto a quelli svolti nell’effettivo, o assunzioni in nero, procedura che permetteva ai capi di ricavare un profitto ai danni dell’Inps, consistente nel mancato versamento dei contributi previdenziali.
Il gip di Palermo ha così disposto gli arresti ai domiciliari per i cinque indagati, nonché il divieto di esercizio di uffici direttivi di persone giuridiche ed imprese per la durata di un anno.