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Stop con gli inutili termini inglesi aziendali, tuona l’Accademia della Crusca

Anglismi da evitare nel mondo accademico universitario, secondo l’Accademia della Crusca, sono davvero tanti e superflui, dal momento che possono essere tranquillamente sostituiti da parole italiane, già utilizzate quotidianamente.

Una raccomandazione che arriva direttamente dall’Accademia della crusca, che ha compilato anche un elenco dettagliato delle parole da evitare. Grazie al suo gruppo Incipit, costituito dai linguisti Jean-Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, sono state selezionate alcune parole definiti “inutili” per l’utilizzo nel mondo accademico-universitario.

ANGLISMI UTILIZZATI NEL LINGUAGGIO ACCADEMICO-UNIVERSITARIO

Fra le tante parole finite sotto esame, “benchmarking” (confronto sistematico o analisi comparativa); “benchmark” (parametro di riferimento);“tool” (strumento);“analisi on desk” (può essere sostituito facilmente in italiano con “analisi preliminare o analisi a tavolino”).

Ancora, “student” (o client); “satisfaction” (soddisfazione dello studente o dell’utente); “debriefing” (resoconto); “executive summary” (sintesi); “distance learning” (apprendimento a distanza); “peer review” (revisione tra pari); “public engagement” (impegno pubblico); “valutazione della performance” (valutazione dei risultati).

Gli studiosi dell’Accademia della Crusca hanno osservato che “nel sistema universitario italiano è presente una forte disponibilità a impiegare termini ed espressioni provenienti dal mondo economico-aziendale per designare o descrivere momenti della valutazione relativi alla didattica e alla ricerca, o per indicare fasi burocratico-organizzative previste nella vita ordinaria dell’istituzione”.

Fatta salva la libertà di scelta di ogni utente della lingua, il gruppo Incipit dell’Accademia della Cruscainvita a riflettere sul rischio che questa fitta terminologia aziendale anglicizzante venga applicata in maniera forzosa e sia esibita per trasmettere un’immagine pretestuosamente moderna dell’istituzione universitaria, lasciando credere agli utenti e agli operatori professionali che i termini tecnici inglesi siano privi di equivalenti nella lingua italiana, cosa che appare falsa“.

Fra le altre parole di larghissimo uso, ricordiamo “feedback” (esempio ‘cultura del feedback’); “road map” per piano operativo, cronoprogramma;“deadline” per termine ultimo, scadenza; “businnes plan”, e infine la stra abusata “abstract”…

Infine, parecchio di moda, e di nuovo utilizzo la parola “graduation day” o ‘festa dei laureati’, “una festa che riproduce riti esteriori privi di radicamento nella tradizione universitaria italiana, che ci mostra succubi rispetto a modelli anglosassoni, al di là delle differenze di organizzazione, di vocazione, di gestione, di significato sociale e di metodo che distinguono i due sistemi educativi”.

Da Palermo e provincia