Giulio Ferrigno, dottorando presso l’Università di Catania in Economics and Management, ha vinto una delle 20 Borse di studio, finanziate annualmente dalla Sams (Society for the Advancement of Management Studies), destinate ai dottori di ricerca.
Giulio parteciperà dunque, il prossimo 21 marzo, al Doctoral Workshop presso l’Università di Warwik (Regno Unito).
Il traguardo da lui raggiunto è un grande successo sia per la Sicilia, dal momento che proviene da Palermo e studia a Catania, sia per il nostro Ateneo che, ancora una volta, ha accolto e plasmato una mente brillante.
A parlarci del lavoro di ricerca svolto e dell’importanza di un lavoro di squadra è lo stesso Giulio.
- Hai vinto la borsa di studio della Society for the Advancement of Management Studies grazie alla tua ricerca di dottorato. Puoi parlarci del progetto?
Da circa tre anni, attualmente sono all’ultimo anno, sono coinvolto nello sviluppo di un affascinante, almeno per me, tema di ricerca, ovvero la gestione di un portafoglio di alleanze strategiche, accordi collaborativi tra le imprese, con un focus particolare nel settore delle telecommunicazioni. Questo interesse trae spunto dal fatto che oggigiorno le imprese sono chiamate a gestire dozzine, se non centinaia, di alleanze strategiche simultaneamente. Basti pensare ad aziende come Nokia, che ne possiede circa 112 o ad Ericsson, con 86 alleanze strategiche. Sono numeri che conosco molto bene perché sono stato impegnato nella creazione di un database sulle alleanze strategiche formate nel settore delle telecommunicazioni negli ultimi 30 anni. Studi precedenti hanno dimostrato che almeno il 50% di alleanze strategiche, di qualsiasi settore high-tech, vengono formate con i competitor, cioè con aziende che operano nella stesso settore. Pertanto, cerco di investigare come le imprese possano creare ed appropriare gran parte del valore creato agendo attivamente nella gestione di un portafoglio di alleanze strategiche che vede coinvolti anche i competitor. La mia tesi di dottorato è articolata in tre progetti. Nel primo progetto, di concerto con il mio professore nonché mentore, il prof. Giovanni Battista Dagnino, e con il mio supervisor americano, il prof. Xavier Martin, della Tilburg University, presso la quale ho svolto la mia ricerca lo scorso anno, cerco di esplorare i meccanismi che nelle alleanze portano le imprese a creare valore e quali, invece, quelli che inducono le imprese ad appropriare il valore creato. (Si tratta di un progetto che è stato presentato a Denver ed a Pisa ed ha ricevuto consensi da parte dei maggiori esperti in materia). Anche il secondo progetto vede la cura del prof. Dagnino, in collaborazione con il professore Louis Mulotte, sempre della Tilburg University. Questa seconda ricerca mira a capire in che modo alcune caratteristiche strutturali del portafoglio, come ad esempio la density e la cohesion, possano influire sulla performance dell’impresa, performance che viene declinata nella creazione ed appropriazione di valore e come i competitor possano influire e agire da moderator in queste relazioni. In questo progetto utilizziamo dati brevettuali e, a tal proposito, ringrazio il prof. Rosario Faraci per aver facilitato la raccolta di questi dati. Non ci speravo, ma lui ha reso tutto ciò possibile. L’ultimo progetto che rientra all’interno della collana dei tre paper della mia ricerca è quello relativo al modo in cui le imprese possano agire attivamente nella gestione di questo portafoglio di alleanze strategiche includendo ed escludendo, nello stesso tempo, i partner competitor nell’ambito del proprio portafoglio. Noi parliamo addirittura di “danza” perché, oggigiorno, le alleanze durano sempre meno perché intese come temporary organizations e studiare il perché le imprese formino in continuazione alleanze con partner che sono competitor può avere risvolti manageriali di un certo rilievo. Il progetto è stato presentato a Philadelphia e vede questa volta coinvolta la collaborazione della professoressa Maria Bengtsson, della Umea University, dove due anni fa dove ho speso un periodo di ricerca. Questi sono i 3 progetti della mia tesi a cui se ne aggiungono altri 5 che riguardano sempre le dinamiche cooperative e competitive che si verificano nella gestione delle alleanze.
- Quanto è stata importante la figura guida del prof. Giovanni Battista Dagnino in questo tuo percorso?
Credo di non poter adottare un solo termine per definirlo. Non è il mio professore, non è il mio tutor né il mio supervisor, non è nemmeno il coordinatore del mio dottorato. È una figura che assume un valore molto più importante. Lo considero un mio mentore, un secondo padre. Grazie alla sua guida mi sono innamorato del mondo accademico nelle sue due sfaccettature: ricerca ed insegnamento. Mi piace dire che “sono in cura da lui”, questo perché è come se avesse smontato in mille pezzi il mio cervello per poi ricombinarlo “a modo suo” trasmettendomi una profonda passione per il lavoro che svolgo, elemento che ritengo sia fondamentale in tutti i campi di impiego. A questo occorre aggiungere che avere un mentore così significa ricevere quotidianamente degli input che ti spingono ad avere sete di conoscenza continua. Capita, infatti, che durante il fine settimana ricevo una mail in cui mi invita a leggere centinaia, se non migliaia, di pagine per poterci confrontare la settimana dopo. La risposta a questo invito non può che essere la lettura del libro consigliato o di vari articoli scientifici, perché è attraverso i suoi ritmi serrati, la sua personalità molto prorompente ed il suo essere lungimirante che anche l’impegno più difficile si trasforma in un “gioco”.
- Cosa ti ha spinto a partecipare al doctoral Workshop annuale?
Il professore ha mandato la call per il doctoral workshop ed io ho semplicemente inoltrato la mia application, una tra le tante centinaia che arrivano in queste occasioni. È andata bene. Sono curioso di conoscere gli altri dottorandi che parteciperanno al doctoral Workshop nonché i panelists che lo gestiranno, sia per scoprire questa parte della comunità scientifica sia per ampliare e condividere, reciprocamente, le conoscenze che ognuno di noi ha acquisito nel proprio percorso formativo.
- Essere tra i venti dottorandi selezionati a livello mondiale è un orgoglio per te e per l’Ateneo di Catania. Quali sono i tuoi progetti futuri?
È un orgoglio. Sono, soprattutto, orgoglioso di far parte di questo Ateneo, nonostante provenga da Palermo. Grazie a questo progetto ho ricevuto, negli ultimi due anni, una serie di riconoscimenti in ambito internazionale. In questi anni leggere il mio nome tra quelli di altri dottorandi, ricercatori e professori ordinari e quelli che io definisco “libri che camminano” è stata una gioia non solo per me, ma anche per il professore e il mio team. Il mio progetto, o meglio il nostro progetto, a detta di molti ha un grande potenziale e questo è importante poiché è la conferma di come la passione e la dedizione per il proprio lavoro, se vissuti con umiltà e se accompagnati da una buona dose di serendipity, porteranno sempre ad un riconoscimento. Perché ciò avvenga è necessario essere umili. Per quanto riguarda il futuro, ahimè penso che non sarà qui. Il professor Dagnino sta cercando di prepararmi per il mercato europeo e, quindi, farò application per qualche università estera in cui magari poter far carriera, e per carriera intendo quella accademica. Mi piacerebbe tornare in Olanda o in Svezia, altre realtà. Purtroppo qui non ci sono molte disponibilità economiche. Basti pensare ad un nostro assegnista di ricerca, il prof. Massimo Picone. Un professore molto valido e intraprendente, che però fatica a proseguire la sua carriera a Catania per mancanza di fondi. Una seconda ragione è legata ma al mio percorso di apprendimento. Cerco di apprendere ovunque, di ricevere sempre stimoli nuovi e di cogliere il meglio da ogni esperienza. Questo è il motivo per cui tendo sempre ad andare dove posso imparare qualcosa di nuovo e che mi porterà alla scelta di un’Università in cui avrò tanto da apprendere. Mi piacerebbe un giorno tornare e condividere tutte le esperienze e conoscenze apprese per cercare, nel mio piccolo, di migliorare la nostra realtà, quella siciliana, intendo. Non sarà facile, ma come dice Chris Martin dei Coldplay, “if you never try you will never know”!