Decisione presa dall’Università degli Studi di Palermo: l’anno prossimo non sarà più possibile frequentare il corso di laurea magistrale in Archeologia semplicemente perché non esisterà più. Si tratta purtroppo della punta di un iceberg che nasconde la chiusura precedente di altri corsi di studio. Il Cua – Consorzio Universitario di Agrigento – è in piena crisi, si fa appello alla Regione.
È stato portato avanti un tentativo nella speranza di evitare il peggio per il sistema universitario il 9 giugno 2017, attraverso un decreto che vedeva esecutivo un protocollo d’intesa tra gli assessori all’Istruzione e all’Economia e le Università siciliane. Il documento prevedeva – accanto ad un aumento di potere di controllo delle università sui Cda dei consorzi – un netto ridimensionamento dei finanziamenti da parte della Regione, da 5 a 3,6 milioni, con la promessa però di mantenerlo stabile nel triennio successivo così da permettere alle università di programmare con certezza le proprie attività.
Il consorzio dell’agrigentino – sotto la guida dell’allora presidente Gaetano Armao – non si adeguò al decreto, ma al contrario ottenne la sospensione dell’atto attraverso un’ordinanza cautelare (14 settembre).
Il problema adesso si pone sul tavolo del governo Musumeci, e l’assessore all’istruzione Roberto Lagalla invoca il ruolo fondamentale della Regione di incoraggiamento e sussidio verso i poli decentrati dell’Università, i quali rappresentano una fondamentale risorsa nel mondo accademico dell’Isola. È per questo motivo che Lagalla ha convocato un tavolo tecnico entro fine aprile che si prefiggerà lo scopo di dare risposte complete e cercare proposte e soluzioni circa lo spinoso problema riguardante le sedi decentrate dei nostri Atenei.
Un consiglio comunale nella città di Agrigento è previsto nell’immediato, al quale parteciperanno il rettore dell’Università di Palermo Fabrizio Micari ed il presidente del Cua Pietro Busetta.