Un senso di tradizione e appartenenza ha segnato alti momenti della storia culinaria siciliana che ha visto denominare la pietanza tanto amata “arancino” nella parte orientale della Sicilia e “arancina” in quella occidentale.
Avevamo mostrato tempo fa, la tesi che vede la forma maschile “arancino” trovare le sue radici nel dizionario siciliano-italiano del 1857 risalente all’era borbonica.
Adesso, a mettere un punto definitivo ci pensa lei, la bocca della verità italiana per eccellenza, l‘Accademia della Crusca. I dati grazie ai quali si è potuto arrivare a una risposta definitiva, sono frutto di studi non molto semplici, in quanto per entrambe le tesi ci sono diverse prove a favore. Vediamone alcune.
Arancino: quando e perché
Il frutto dell’arancio, nel dialetto siciliano, èaranciu e nell’italiano regionale diventa arancio. Bisogna ricordare che alla distinzione di genere nell’italiano standard, femminile per i nomi di frutti e maschile per i nomi di alberi, si arriva solo nella seconda metà del Novecento, quindi molti parlanti delle varie regioni italiane continuano a usare il termine arancio per indicare l’arancia.
Sempre rimanendo nell’ambito dialettale, il diminutivo di aranciu è arancinu, per indicare una “piccola arancia” e da qui il termine usato per indicare la prelibatezza di riso.
Nel Dizionario moderno del Panzini, edizione del 1942, si registra la forma maschile, contrassegnata come dialettale siciliana. Da allora, la denominazione arancinu compare nei dizionari dialettali, nei dizionari italiani come ilGDLI e il GRADIT, ed è stata usata, inoltre, dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali italiani.
Arancina: quando e perché?
Il femminile appare come più corretto in quanto rispetta la regola della lingua italiana dell’opposizione di genere per differenziare l’albero dal frutto. Di conseguenza, chi lo usa si è adattato al codice linguistico standard: avendo adottato la forma femminile per il frutto, l’hanno di conseguenza adattata anche nella pietanza tanto discussa.
Per quanto riguarda un riscontro letterario, delle attestazioni del genere femminile si trovano nei Viceré (1894) di Federico De Roberto, nel Dizionario dialettale (1895-1900) di Corrado Avolio e nei Contributi al lessico etimologico romanzo con particolare considerazione al dialetto e ai subdialetti siciliani (1920) di Giacomo De Gregorio. Gli unici due dizionari a riportare la parola, invece, furono lo Zingarelli del 1917 e il Panzini del 1927.
Nonostante i dizionari siano concordi sul genere maschile, le denominazioni sono oscillanti in quanto le due varianti coesistono e sono entrambe utilizzate, con una prevalenza del femminile nell’uso scritto e del maschile nella lingua parlata.
In conclusione, si può affermare che sia arancino che arancina sono due termini utilizzati in maniera corretta. Chi dice arancino italianizza il modello morfologico dialettale, mentre chi dice arancina segue la linea del modello dell’italiano standard.
Una risposta che mette tutti d’accordo, non esiste un modo giusto o sbagliato di indicare la nostra amata specialità. Che sia femminile o maschile, l’unica cosa che importa è che sia gustoso e porti avanti il sapore originario della tradizione siciliana.