Nelle scorse ore per Giovanni Bruno e la sua famiglia l’incubo è davvero finito. Questi sono fuggiti dalla guerra in corso in Ucraina e, ieri sera, finalmente atterrati all’Aeroporto Internazionale Falcone e Borsellino di Palermo.
Dallo scorso 24 febbraio il portuale di Pozzallo era bloccato con la moglie, i suoceri e la figlia di soli 22 mesi a Kherson: soltanto nelle scorse sono riusciti ad attraversare la frontiera e a fare ritorno in Sicilia.
“Finalmente sono a casa, sto iniziando a capirlo solo adesso – ha dichiarato Giovanni Bruno – . Siamo salvi. Mi dispiace per tutti quelli che sono rimasti là. Ci sono tanti italiani in Ucraina che contattano la Farnesina, ma al momento non c’è via di fuga. La situazione a Kherson è peggiorata”.
Andrà ricordato che Giovanni era solo uno dei 33 italiani rimasti “intrappolati” tra Mariupol e Kherson che l’unità di crisi della Farnesina sta, da giorni, tentato di far rientrare.
Il siciliano ha tentato di ricostruire la propria vicenda. Ad aiutarlo sarebbe stato, in particolare, il suocero 54enne che è attualmente costretto a rimanere in Ucraina (per via della legge marziale attualmente in vigore) ma che ha coraggiosamente accompagnato in macchina fino ad Odessa Giovanni, la figlia e la nipotina.
“Abbiamo superato 15 posti di blocco, 3 russi e 12 ucraini, alla fine siamo arrivati alla dogana – ha raccontato il portuale – . Il viaggio è stato difficile, da Kherson alla costa, raggiungendo la zona di Mycolaiv fino ad Odessa. Qui sono stato aiutato dal giornalista di Radio Rai Simone Zazzera. Ci ha accompagnati a Palanca, poi in Moldavia, infine in autobus fino ad Husi, in Romania.
Ieri sera ci siamo imbarcati sul volo da Bucarest per Palermo, per poter tornare finalmente in Italia“.
Per ben 25 giorni Bruno e i suoi cari sono rimasti chiusi in un appartamento al settimo piano, mentre la città era presidiata dai russi che sparavano a vista. Poi, incoraggiati da alcuni vicini di casa che avevano fatto lo stesso, hanno deciso di fuggire. Il timore di non farcela, tuttavia, non li ha mai abbandonati.
“A ogni posto di blocco sembrava fosse finita – ha concluso Giovanni Bruno – ci hanno chiesto i documenti, controllavano le persone in macchina e il bagagliaio. Ogni stop la paura, il terrore di essere uccisi. Ma è andato tutto bene. Non mi sembra vero”.