Un recente studio rivela che l’acidificazione oceanica (l’aumento di CO2 e il conseguente abbassamento del pH dei mari) cambierà lo stato degli habitat marini e delle comunità di pesci con conseguenze sul funzionamento degli ecosistemi.
Attraverso osservazioni condotte in zone vulcaniche con emissioni naturali di CO2 nell’isola di Shikine (costa orientale del Giappone), un gruppo internazionale di biologi marini coordinato dal prof. Marco Milazzo e dal dott. Carlo Cattano del Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare dell’Università degli Studi di Palermo ha dimostrato che concentrazioni di CO2 poco più alte di quelle attuali (ed attese entro il 2050) possono causare profondi cambiamenti degli habitat marini e delle comunità di pesci che ospitano.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment e condotto nell’ambito di una collaborazione tra l’Università di Palermo, l’Università di Tsukuba (Giappone) e l’Università di Plymouth (UK), dimostra che l’aumento di CO2 nei mari, un fenomeno noto come acidificazione degli oceani, determina la proliferazione di poche specie di alghe effimere, mentre coralli e macroalghe, che ospitano una maggiore biodiversità, scompaiono. Questa transizione verso habitat caratterizzati da scarsa complessità e dominati da poche specie algali porta a una diminuzione del 45% della diversità dei pesci, con la scomparsa delle specie associate ai coralli e un riarrangiamento della rete trofica. I risultati suggeriscono conseguenze importanti per il funzionamento degli ecosistemi marini ed i beni e servizi che questi forniscono all’umanità.
“Questo studio ed altri che abbiamo condotto in Mediterraneo ed in altre regioni tropicali dimostrano che, insieme al riscaldamento, l’acidificazione degli oceani rappresenta una minaccia globale molto seria per gli oceani e le risorse che ci offrono – osserva il prof. Marco Milazzo – Se saremo realmente in grado di soddisfare gli obiettivi degli accordi internazionali per ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, potremmo essere nelle condizioni di limitare ulteriori danni agli ecosistemi marini”.
“I nostri risultati in Giappone dimostrano che i cambiamenti degli habitat e la conseguente semplificazione delle reti trofiche osservate in una zona di transizione climatica dell’Oceano Pacifico sfavoriranno alcune specie di pesci tropicali, mentre specie temperate generaliste saranno avvantaggiate – afferma il dott. Carlo Cattano ex dottorando dell’Università di Palermo – Gli studi in zone vulcaniche con emissioni sottomarine di CO2, che rappresentano una finestra sulle future condizioni dei mari, possono aiutarci a comprendere meglio le risposte degli organismi e degli ecosistemi all’acidificazione degli oceani in atto e quindi ad immaginare come gli oceani appariranno se le emissioni di CO2 non saranno ridotte”.
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