Meno laureati in Italia: tagli all’istruzione e pochi posti di lavoro

In Italia si sta abbassando il numero dei laureati: infatti, moltissimi ragazzi scelgono di abbandonare gli studi, a causa delle limitate prospettive di lavoro in Italia, o decidono di fuggire all’estero. La nostra Penisola si collocherebbe agli ultimi posti della classifica elaborata da Eurostat, relativa al numero dei laureati in Europa.

 

Secondo i dati raccolti e diffusi da Eurostat e ripresi anche da Almalaurea, il numero dei ragazzi tra i 30 e i 34 anni laureati in Italia sarebbe in decrescita; invece tenderebbero a migliorare altri paesi a reddito più basso come Romania, Croazia e Polonia. La stessa Cina vedrebbe aumentare il numero dei propri laureati: erano infatti circa 70 milioni nell’anno 2014. Sarebbero proprio i paesi meno avanzati, quindi, a registrare netti avanzi nell’ambito dello studio e della ricerca, sorpassando di molto alcuni paesi dell’Ue, come l’Italia.

Ma quali sarebbero i probabili motivi che inducono i giovani a non imboccare la via degli studi universitari? Innanzitutto, i dati dell’Eurostat segnalano una buona percentuale di abbandono degli studi da parte dei ragazzi italiani. Infatti, l’Italia si situerebbe al quinto posto tra i paesi europei, nell’ambito dell’abbandono degli studi sia scolastici che universitari. Nel 2013, addirittura, l’Italia presentava una percentuale del 45% sull’ abbandono universitario, tasso tra i più elevati in Europa.

I motivi che potrebbero portare i giovani italiani a scegliere la via dell’abbandono agli studi è legato alla difficoltà nel trovare un impiego stabile, nonostante si abbia un titolo di studi universitario, e, qualora si trovi un lavoro, un reddito che tende sempre più ad abbassarsi. Se infatti, un laureato triennale percepiva circa 1400 € di salario nel 2012, nel 2013 questo si è già abbassato a 1300 €.

Penalizzata risulta in Italia anche la strada della ricerca: secondo il rapporto di Ricercarsi, in Italia i ricercatori che vengono assunti a tempo indeterminato sarebbero circa il 30%. Inoltre tra i contratti per la ricerca a tempo determinato, meno del 10% diviene lavoro fisso e stabile.

Queste effettive difficoltà, presenti in Italia, frenerebbero i ragazzi ad imboccare la via degli studi e della ricerca e spingerebbero un laureato su 4 alla fuga all’estero. In altri paesi, infatti, dove la ricerca e l’avanzamento della conoscenza non risulta svantaggiata come in Italia, (a causa di tagli a scuole e università effettuati negli anni passati dalle classi dirigenti) le menti italiane riescono a far fruttare le proprie capacità e il proprio titolo di studi. I paesi che solitamente vengono preferiti sarebbero Germania, Regno Unito e Svizzera: circa 15 mila laureati italiani sarebbero infatti emigrati verso questi paesi, dove la conoscenza non è penalizzata.

Perché, quindi, non valutare bene questa tipologia di dati e prendere dei seri provvedimenti per rivitalizzare il mondo della ricerca e degli studi, in modo da permettere ai talenti italiani di poter sfruttare le proprie doti in patria, anziché vedersi costretti alla fuga?

 

Roberta Costanzo

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