Sempre in aumento, infatti, gli studenti che optano per uno dei 142 corsi universitari in lingua inglese attivi in Italia. In genere sono corsi in discipline economiche, scientifiche quelli prediletti, ma anche farmacia, pianificazione urbana e scienze politiche. Riguardo le modalità di accesso a uno dei 142 corsi, otto di questi sono a numero chiuso, mentre 26 prevedono un test di ingresso deciso dall’Ateneo.
Ma, per frequentare uno di questi, è previsto un livello di inglese intermedio, in genere il B1 del “quadro comune europeo di riferimento” che prevede:
Come si legge dal rapporto della Crui, risalente al 2012, l’intento di questa operazione è quello di rendere più attrattiva l’università italiana agli studenti stranieri ma anche di formare gli studenti italiani dal punto di vista linguistico. Infatti, si sa che in Italia sono in molti a peccare in inglese, tra cui anche esponenti di rilievo e prestigio. Non deve sorprenderci dunque se il Ministero le provi tutte per rimediare Per di più, in ambito accademico, è risaputo che, per la ricerca scientifica, al momento l’inglese resta il biglietto da visita indispensabile per proporsi e operare nel panorama scientifico internazionale.
All’università di Palermo ci sono sette corsi di laurea con insegnamenti in lingua inglese, quattro lauree congiunte che danno il doppio titolo di studio, l’accordo con l’Università di Rosario al traguardo per realizzare un corso di Italianistica e Dialettologia, rispondendo così alle richieste delle “terze generazioni” di immigrati che vogliono recuperare il rapporto con la lingua e la cultura d’origine.
L’Università di Palermo si internazionalizza e allarga i suoi orizzonti per offrire agli studenti lauree sempre più spendibili nel mondo del lavoro. “Un percorso su cui siamo fortemente impegnati – dice il rettore Roberto Lagalla – consapevoli che oggi la sfida competitiva sia globale e che l’internazionalizzazione sia una carta vincente per far crescere l’Ateneo”. Non a caso cresce il numero di studenti stranieri iscritti: quest’anno sono più di 800.
Sette, quindi, i corsi di laurea in inglese attivati in cinque facoltà, appena partiti o di imminente avvio: a Ingegneria c’è il corso di laurea magistrale in Ingegneria gestionale con 8 insegnamenti in inglese e quello in Ingegneria meccanica con 4. Alla facoltà di Economia il corso di laurea in Scienze economiche e finanziarie con 7 insegnamenti in inglese; alla facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, il corso di laurea specialistica in Analisi e gestione ambientale con 3 insegnamenti in inglese; alla facoltà di Scienze della formazione il corso di laurea magistrale in Cooperazione e sviluppo con 3 insegnamenti; a Giurisprudenza il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza prevede 3 insegnamenti in inglese.
Attive poi quattro lauree con doppio titolo, che prevedono la frequenza delle lezioni nelle Università di più Paesi e offrono alla fine del percorso il rilascio del titolo di studio sia italiano che straniero: due fanno parte del programma Erasmus mundus, sono a tutti gli effetti corsi europei incardinati nell’offerta formativa dell’Ateneo di Palermo. Hanno il riconoscimento di master course e sono frequentati da allievi di tutta Europa. Sono il corso in “German Literature in European Middle Ages “ alla facoltà di Lettere, in collaborazione con le Università di Bremen in Germania e di Porto, in Portogallo. E il corso “Modelli di dinamica dei sistemi per lo sviluppo sostenibile delle organizzazioni” alla facoltà di Scienze politiche, realizzato in consorzio con le Università di Bergen in Norvegia e di Lund, in Svezia. Le altre due lauree con doppio titolo sono frutto di accordi diretti tra l’Università di Palermo e altri atenei: sono entrambe ad Agraria: Agro-Ingegneria, in accordo con l’Università di Siviglia in Spagna e Agricoltura biologica con l’Università di Ain Shams del Cairo, in Egitto. Di imminente attivazione le lauree in Informatica insieme con l’Ateneo di Marne – la – Vallée, in Francia, e in Storia moderna con l’Università di Corte, in Corsica. A questi si aggiungono sette dottorati di ricerca internazionali che già adesso prevedono il rilascio del doppio titolo e che rappresentano un obiettivo non solo dell’Ateneo ma della Comunità europea per la realizzazione dell’European Research Area.
“Un’attività che contiamo di incentivare – dice il delegato del rettore alle Relazioni internazionali, Pasquale Assennato – con misure di accoglienza per gli studenti stranieri come la costituzione alle Segreterie di un gruppo ad hoc, e con l’aumento dei visiting professor: professori stranieri invitati a condurre lezioni nella propria lingua nell’ambito dei corsi di laurea. Quest’anno sono una trentina, spalmati in tutte le facoltà”.
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